Libri da non leggere #02 – Lavorazioni ammissibili
| buttato dentro il 29 Gennaio 2008 | alle ore 10:28 | da Alessandro Mano | nelle categorie aosta, cultura, politica, recensioni, satira | parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio andy warhol, angelo bettoni, aosta, arte, artigianato, atelier des metiers, calabria, carlo gadin, chiesa, clive lewis, colore, dario berlier, euro 0, fiera di sant'orso, franco crestani, franco pinet, giovanni thoux, harry potter, joanne rowling, la storia infinita, le cronache di narnia, legge, legge cirami, legittimo sospetto, leonardo la torre, libri da non leggere, matteo crestani, michael ende, piazza chanoux, qualita, roy lichtenstein, scultura, senatori a vita, silvio berlusconi, tradizione, una storia italiana | se hai qualcosa da dire scrivilo qui » |Riprende la rubrica “Libri da non leggere”. Dopo i molti consigli letterari del passato, un volume che mi ha lasciato basito.
Volendo leggere un testo con un fondamento storico più autorevole, consiglio “Le cronache di Narnia” di Clive S. Lewis, o “Harry Potter” di Joanne K. Rowling. Volendo un libro con maggiore autorevolezza scientifica, “La storia infinita” di Michael Ende, o “Una storia italiana” di Silvio Berlusconi. Volendo un testo di legge più facilmente interpretabile, la “legge Cirami” sul legittimo sospetto o l’articolo 59 della Costituzione, che regolamenta il numero dei Senatori a vita.
Al di là della satira di bassa lega qui sopra, non ho la competenza in materia per mettermi a discutere di cosa sia “tradizione” o cosa non lo sia: ma osservando la legge, si capisce che non hanno le idee chiare nemmeno in assessorato. L’artigianato valdostano è in una fase cruciale del proprio sviluppo: la fiera di Sant’Orso invade ormai tutta Aosta, l’atelier des métiers occupa l’intera piazza Chanoux senza che vi siano possibilità di ampliarlo. Gli appuntamenti sparsi sul territorio regionale tutto l’anno sono molti, e spesso lasciano a desiderare proprio nell’aspetto qualitativo. Quindi bisogna scremare, trovare dei criteri qualitativi e quantitativi per non fermare la crescita del settore, ma per fargli fare un salto di qualità.
In generale, le migliori soluzioni sono quelle che valorizzano, non quelle che stroncano: posso vendere una camicia che vale 50 euro a 100, ma non lo farò dicendo che “da settembre a dicembre aumento il prezzo del 100%“, dirò che da gennaio in poi “ci sono i saldi, del 50%“. Se anziché spaccarsi la testa (e spaccare i maroni) alla gente decidendo cosa è “tradizione” e cosa non lo è, si fosse deciso di “premiare” chi segue la tradizione, attribuendo un marchio di qualità alle produzioni più autorevoli, e “premiare” chi fa arte, anziché declassare ed emarginare, tutto sarebbe suonato bene, come succede sempre.
E poi, diciamocelo, cos’è la tradizione? E’ tradizione la scultura, che fino a 60-70 anni fa non esisteva in fiera? Non è tradizione la colorazione del legno solo perché fino a 25 anni fa nessuno lo faceva, al di fuori delle chiese? Una abitudine diventa tradizione quando è meritevole di esserlo: la festa della comunità calabrese di Aosta è tutt’altro che una tradizione storica, ma è comunque meritevole di tutela, e i politici vi si impegnano in prima persona (per tornaconto o per buon cuore, la scelta è lasciata ai lettori).
Tornando al colore, in Thoux, nei Crestani, in Berlier, in Pinet è arrivato a livelli di eccellenza assoluta, e l’assessore La Torre riesce a dire che «spesso il colore è utilizzato per mascherare carenze nella tecnica». Ok, non è tradizione, ma non diciamo puttanate per dare aria alla bocca, Leo. Dal lato opposto, invece, le bellissime foglie di Bettoni, non colorate, sono tradizione, e se sì, da quanto tempo e perché? I monoliti di Gadin, sono tradizione solo perché non colorati? Colore e innovazione non sono cineserie, non sono vittime della globalizzazione: sono arte, forse forse.
Sembra di sentire quei critici che storcevano il naso di fronte a Warhol o a Roy Lichtenstein dicendo che non era arte, non era tradizione, era poco più che un divertissement. Li colpivano reimpiendosi la bocca con la storia, con le limitazioni, per poi finire nel dimenticatoio come tutti i burocrati e i membri della dottrina: alla faccia della tradizione.
La cosa più preoccupante è che “questo elaborato è l’ultimo tassello di 10 anni di lavoro“, come recita l’opuscolo: andiamo bene…
Buona fiera a tutti!
Leonardo La Torre, a cura di
Lavorazioni ammissibili – Tutela e valorizzazione dell’artigianato valdostano di tradizione
Tipoaosta di Chenal, Aosta, 2007
Euro 0 (come le automobili: da rottamare)
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