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buttato dentro il 31 Dicembre 2005 |
alle ore 20:45 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio capodanno |
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“No, non me lo dire… Eppure tu non mi sembri certo uno sfigato!”
“Oh, ma se proprio vuoi puoi unirti a noi”
“Ci raggiungi più tardi, dai, non puoi startene a casa!!!”
Delitto di Stato? Omicidio colposo? Comportamento censurabile? Abitudine bislacca?
No, semplicemente non mi piace festeggiare il capodanno. Non mi piace in generale festeggiare per forza. Perché bisogna tutti essere felici, bere e mangiare allo sfinimento, fingere di farsi gli auguri?
Ormai si festeggia ogni cosa, tutti i giorni. Serve davvero un momento di delirio collettivo in cui ci si accontenta di comparse VIPs e cantanti di serie B, bottiglie di spumante da supermercato e botti fino allo stordimento? A me non piace, semplicemente. E se sembro sfigato, pace. Mi piace così, semplicemente…
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buttato dentro il 24 Dicembre 2005 |
alle ore 20:53 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, politica, psico, tivì |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio camillo ruini, charlie chaplin, chiesa, cina, daria bignardi, europa, italia1, mario borghezio, tempi moderni |
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Ricordate il programma con cui Daria “Big”nardi ha esordito su Italia1 qualche anno fa (8? 10?). Quello che raccattava dalla strada mentecatti e ciarlatani, trans e tatuati a manetta, suore buddiste e preti gay? Ma sì, non potete sbagliare… Quello che fotografava alla perfezione una parte dei tempi moderni, facendo storcere il naso ai buonisti e ai perbenisti. Anche a causa del titolo, ripreso da un capolavoro di Charlie Chaplin. Un programma per certi versi generazionale.
Ebbene, quel programma non aveva capito niente.
I tempi moderni non erano squatter, prostitute e pazzoidi.
I tempi moderni sono delirio puro, altro che trasgressione…
Ignoranti che protestano contro il progresso, tirando in ballo pargoli e anziani.
Ministri che non sanno rispondere altrimenti che con le botte.
Ministri canterini, presidenti monopolisti anti par condicio…
Europa allargata a est, ospedali allargati a est (evidentemente la mania della Cina dilaga anche tra i politici aostani).
Insultatori insultati, insultatori malmenati, malmenati insultati, Borghezio insultato insultatore malmenato (la solita mania di grandezza…) Continua…
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buttato dentro il 20 Maggio 2005 |
alle ore 22:29 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico |
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Chi ha tutto percepisce le cose quando gli mancano.
Chi non ha niente si accorge delle cose quando le trova.
Qual è la differenza?
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buttato dentro il 27 Marzo 2005 |
alle ore 19:50 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio azione cattolica, baden powell, lupetto, scout, sessualita, trieste |
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Mai categoria sociale è facilmente stereotipata dalle malelingue e dai detrattori. Essere lupetto, giovane marmotta, orso bruno o vecchio grizzly comporta un corollario di inevitabili sguardi incuriositi dei passanti, di sfottimenti di chi dopo breve esperienza ne è uscito con disonore, di sufficienza da parte delle altre categorie sociali giovanili. Sì, perché lo scout è così preso dallo scoutismo e dal pensiero Powelliano (il famoso B.P.) che non fa parte di oratori, di ricreatori (oratori laici, caso unico nella cattolicissima Italia a Trieste), ma nemmeno di “case del popolo” (se ne esistono ancora…), della compagnia del muretto o del baretto.
Ma nemmeno dalla tanto ideologicamente vicina Azione Cattolica.
Lo scout vive in un mondo tutto suo, con i suoi calzoni sempre corti, il sogno del cravattino rosso e delle medaglie accompagnamento-vecchietta-su-striscie-pedonali® o salvataggio-gatto-da-acquazzone®. Alle elementari con la cartella (come sono antiquato: zaino, pardon) squadrata e marchiata Scout®, l’astuccio Scout® e le matite Scout®. La domenica a Messa, rigorosamente nel reparto scout della chiesa. E poi via, anche a gennaio, in calzoncini e maglietta su’ pei monti, col pranzo al sacco scout.
E quando gli anni passano…
Inevitabilmente…
Lentamente…
Inesorabilmente…
Si giunge alla sublimazione dello scout con la carriera scoutistica, per condurre le nuove leve sulla retta via. Una cosa senza un’apparente spiegazione è il motivo per cui le scout conciate da scout sembrano molto più vecchie di quanto non siano in realtà e accada esattamente il contrario per gli esemplari maschili: bimbi perenni. Deve essere una tecnica sopraffina dello stilista scout che, studiando attentamente gli abbinamenti di colori e capi, è arrivato alla totale assenza di messaggi nel vestire, al contrario del resto della società che vive di segni nascosti tra le pieghe degli abiti.
Da brave suorine e da bravi bimbi privi di qualsiasi sessualità, l’obiettivo primo dello scoutismo è preservato: non procreare. Un qualsiasi figlio di uno scout non diverrà scout nemmeno sotto tortura, meglio pescare nel mucchio grazie alla gerarchia da animaletti del bosco con una pillola settimanale di sospensione dei personalismi e del libero arbitrio.
Se sono stato duro, me ne scuso. Non sono mai stato scout e quindi riesco ancora a formulare dei giudizi personali.
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buttato dentro il 19 Febbraio 2005 |
alle ore 11:16 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico, tivì |
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Immancabilmente, nell’inizio di ogni nuovo anno, giornali, Cucuzzi, rotocalchi e Parodi ci tormentano con 3 finte notizie-luogo comune:
1. Sarà l’anno più caldo del secolo
2. Sarà l’anno dei matrimoni vips più lussuosi
3. Finalmente quest’anno daranno il Nobel a Bono Vox
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buttato dentro il 7 Febbraio 2005 |
alle ore 12:52 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico |
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Visto che non sono capace di scrivere storielle con una morale morale (ma soltanto con una morale amorale), ecco che ne riporto una che mi è piaciuta molto:
Tutti i giorni, molto presto, arrivava in ufficio la Formica produttiva e felice. Là trascorreva i suoi giorni, lavorando e canticchiando una vecchia canzone d’amore. Era produttiva e felice ma, ahimè, non era supervisionata. Il Calabrone, gestore generale, considerò la cosa impossibile e creò il posto di supervisore, per il quale assunsero uno scarafaggio con molta esperienza. La prima preoccupazione dello Scarafaggio fu standardizzare l’ora di entrata e di uscita e preparò pure dei bellissimi report. Ben presto fu necessaria una segretaria per aiutare a preparare i report, e quindi assunsero una Ragnetta, che organizzò gli archivi e si occupò del telefono. E intanto la formica produttiva e felice lavorava e lavorava. Il Calabrone, gestore generale, era incantato dai report dello Scarafaggio supervisore, e così finì col chiedere anche quadri comparativi e grafici, indicatori di gestione ed analisi delle tendenze. Fu quindi necessario assumere una Mosca aiutante del supervisore e fu necessario un nuovo computer con stampante a colori. Ben presto la Formica produttiva e felice smise di canticchiare le sue melodie e cominciò a lamentarsi di tutto il movimento di carte che c’era da fare. Il Calabrone, gestore generale, pertanto, concluse che era il momento di adottare delle misure: crearono la posizione di gestore dell’area dove lavorava la Formica produttiva e felice. L’incarico fu dato ad una Cicala, che mise la moquette nel suo ufficio e fece comprare una poltrona speciale. Il nuovo gestore di area – chiaro ebbe bisogno di un nuovo computer e quando si ha più di un computer è necessaria una Intranet. Il nuovo gestore ben presto ebbe bisogno di un assistente (Remora, già suo aiutante nell’impresa precedente), che l’aiutasse a preparare il piano strategico e il budget per l’area dove lavorava la Formica produttiva e felice. La Formica non canticchiava più ed ogni giorno si faceva più irascibile. “Dovremo commissionare uno studio sull’ambiente lavorativo, un giorno di questi”, disse la Cicala. Ma un giorno il gestore generale, al rivedere le cifre, si rese conto che l’unità, nella quale lavorava la Formica produttiva e felice, non rendeva più tanto. E così contattò il Gufo, prestigioso consulente, perché facesse una diagnosi della situazione. Il Gufo rimase tre mesi negli uffici ed emise un cervellotico report di vari volumi e di vari milioni di euro, che concludeva: “C’è troppa gente in questo ufficio.” E così il gestore generale seguì il consiglio del consulente e licenziò la Formica incazzata, che prima era produttiva e felice.
Morale:
Non ti venga mai in mente di essere una Formica produttiva e felice. È preferibile essere inutile e incompetente. Gli incompetenti non hanno bisogno di supervisori, tutti lo sanno. Se, nonostante tutto, sei produttivo, non dimostrare mai che sei felice. Non te lo perdoneranno. Inventati ogni tanto qualche disgrazia, cosa che genera compassione. Pero’, se nonostante tutto, ti impegni ad essere una Formica produttiva e felice, mettiti in proprio, almeno non vivranno sulle tue spalle calabroni, scarafaggi, ragnetti, mosche, cicale, remore e gufi.
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buttato dentro il 5 Gennaio 2005 |
alle ore 21:45 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico |
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Dopo il mio capodanno disertato per scelta, mi sto accorgendo di quanto quella scelta fosse azzeccata.
Odio con tutte le mie forze i racconti epici del capodanno. Odio le leggende che si raccontano a tutti i costi tra amici delle mille esperienze vissute tutte in una notte. C’è chi era a Trento, ma anche a Roma e ad Aosta. Contemporaneamente, Evidente effetto di un jet privato. Odio con tutto il cuore l’ipocrisia di chi ha sparato botti, ma uno in meno del solito, pensando a Phuket. E chi ha infarcito i tiggì di romanticissimi minuti di silenzio inesistenti nelle piazze italiane. Odio il romanticismo autocelebrativo dei giornali di regime. Odio i commenti finto-buonisti di finto-moderati che in cuor loro hanno festeggiato più del solito, ma non lo danno a vedere. Odio lo spumante bevuto per forza. Odio i tappi e i botti per strada il 1° gennaio. Odio i buoni propositi per il nuovo anno, le mutande rosse e i vestiti vecchi.
… tutto questo odio nei miei propostiti di inizio anno non era previsto…
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buttato dentro il 16 Settembre 2004 |
alle ore 20:54 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, politica, psico, stra-cult, tivì |
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Per riprendere il discorso lasciato a metà nel post precedente, chi meglio di Arthur Fonzarelli potevo scegliere tra i miti di un’epoca (quella sì) irraggiungibile…
Abbordo il tema del mito divenuto tale grazie alla morte. Nessun discorso più squallido è mai stato udito da un essere dotato di un barlume di intelligenza. Kurt da Seattle è morto, è divenuto mito.
Jim da Melbourne e Jimi da Seattle, pure lui (Luciano da Correggio cantava “La forza della banda è nello star lontani / dai posti in cui son stati Brian, Janis, Jim e Jimi” – sto aprendo troppe parentesi) sono morti giovani e sono divenuti miti. Il Pirata Marco è morto giovane, è divenuto mito. Ovviamente si fanno sempre esempi parziali e soltanto a sostegno della propria delirante tesi.
Henry Winkler, il Fonzie di Milwakee, è un mito riconosciuto dell’iconografia anni 60 americana. Eppure è ancora vivo e vegeto. Il successo lo ha lasciato, ha interpretato qualche particina qua e là in film di serie B. È stato produttore esecutivo di Mac Gyver. Scommetto che non lo sapevate…
Eppure il mito c’è, ogni suo passaggio in TiVì riscuote successo e rievoca un’epoca passata. Forse miti di questo tipo non se ne vedranno più. O chissà. Magari i nostri nipoti avranno come mito rappresentativo degli anni 2000 Luke Perry (azz… questo esempio non regge… non lo ricorda già più nessuno adesso…) o lo sconosciuto Costantino (il Taricone post-Taricone… e a proposito, anche il palestrato filo-Dini doveva restare per sempre nell’immaginario collettivo, ma così non è stato).
Un mito nasce e si alimenta in base all’inconscio delle masse. È un fenomeno inspiegabile, o spiegabile solo in parte. È più facile pronosticare che Kerry si prenderà una scoppola da Bush, ovvio segno della malattia della democrazia americana, che prevedere un nuovo mito al posto della Barbie.
Che discorso idiota…
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buttato dentro il 10 Settembre 2004 |
alle ore 20:44 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, psico, stra-cult, tivì |
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Assisto spesso, come spettatore o come lettore, ad accesi dibattiti sulla “questione mito”. Esistono ancora i miti oggi? Ci saranno ancora miti in futuro? Morire giovani serve per aumentare l’aura del mito?
Beh, mi sembrano semplicemente discorsi idioti di una generazione che ormai ha vissuto tutto. O forse no. Non ha vissuto niente: è solo stata sfiorata da un intorno che però non ha lasciato nulla.
Al giorno d’oggi non si provano più sensazioni, non si ha più entusiasmo per nulla. Tutto è a portata di mano, tutto è vicino e facile. Siamo talmente assuefatti da non riuscire a capire nemmeno le minacce che riceviamo dai vari coglionazzi di turno (Bush, Bin Laden, Putin…) talmente viviamo in una realtà ovattata e fuori dal mondo. Fuori da quel mondo che crediamo di dominare.
La musica non sarà mai come una volta, il rock è morto. Lennon, Morrison, Cobain: angeli morti che non avranno eredi, icone immortali ineguagliabili. Che bello sarebbe stato vivere nella Londra mod, nella Seattle del grunge, nella Chicago dei Bulls o nella Woodstock dei fattoni. I Red Hot e gli Oasis non sono più quelli degli esordi. I Simpson non sono più quelli di una volta, CSI e ER andrebbero aboliti perché non sono più originali e si trascinano solo per soldi. Il calcio era meglio quando era senza soldi (e qui ci scordiamo che i soldi mancano adesso, fino a pochi anni fa erano dieci volte tanto…), nessuno ci ridarà le emozioni di Pantani.
Una serie di luoghi comuni terrificanti. La mia opinione è che siamo talmente pieni di stimoli da non saper apprezzare nulla di quello che TiVì, sport, musica e vita ci presentano, appiattendo tutto all’attuale, togliendogli qualsiasi prospettiva con il passato, con il futuro, in un’atmosfera irreale di autodifesa dalle emozioni.
Dovremmo tornare a pensare di più con il cuore. So che mi avrete già preso per romanticone… O forse no, perché siete talmente appiattiti anche voi lettori che non sarete arrivati a leggere fino a questo punto del mio discorso psico-culturale.
Se, invece, avete resistito fino a qui, vi rinvio ad una probabile continuazione di questo discorso nei prossimi giorni. Spero di non aver troppo banalizzato la questione…
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buttato dentro il 15 Agosto 2004 |
alle ore 20:16 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie psico, web |
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Carlo, nel suo blog (chiuso da mesi, nda 07-03-2005), ha dedicato parecchio spazio alla “sagra del disgusto” di t-shit (pardon… t-shirt…) con scritte evidenti e provocanti che spesso non possono che definirsi stupide.
Ieri, nel mio lungo restare seduto lungo la via principale di Aosta per la Foire d’été, ne ho viste di tutti i colori. Una in particolare mi ha scioccato (e non era una t-shock su abbondanti balconi…).
Una paio di pantaloni con, sul posteriore di una vecchiaccia, un’abbondante scritta “GET INSIDE”.
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