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buttato dentro il 10 Novembre 2004 |
alle ore 13:19 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, recensioni |
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Venerdì scorso ho assistito, tra i pochi eletti dell’Old Distillery Pub (banalmente, pub inglese di Aosta), al concerto di Francesco e dei suoi “boys”. Rispolverando le vecchie canzoni, con qualche nuova aggiunta, la nuova formazione (un mix tra David Bowie, Guns’n’Roses e Cure – queste classificazioni per similitudine le ho sempre odiate) è veramente azzeccata, combinando capacità tecniche, voglia di fare e casinarità (che ci vuole sempre) nel giusto mix.
Ma immagino che voi lettori non abbiate mai sentito niente di tutto ciò…
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buttato dentro il 24 Agosto 2004 |
alle ore 20:39 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, recensioni |
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Ultimamente compro solo dischi di band che mi fanno schifo. Voi esordirete con un bel eccccchissssenefrega…
In effetti…
Ovviamente fanno ribrezzo alla vista, non all’orecchio: 20 Euro son sempre 20 Euro…
Si è dimostrato così, dopo Jet, Darkness e Strokes, anche per i Velvet Revolver: una band odiosa alla vista, odiosa come carattere, dal parto musicale eterno, dall’attesa spasmodica per la pubblicazione e, tra l’altro, composti per 3/5 da ex-Guns che non ho mai sopportato troppo: tutti gli ingredienti giusti nella dose giusta per non comprare un album.
E invece l’idea serafica che ne davano molte recensioni, di un rock sincero e puro, mi ha convinto nell’insano gesto.
Beh, che dire… Un disco spettacolare, come ne ho sentiti pochi in questi tempi di magra musicale.
Slither, “Scivolone”, il primo singolo, che non avevo mai sentito prima, visto che non ascolto mai la radio e EmmTiVì è l’unica rete musicale che potrei vedere (e, evidentemente, me ne astengo), è stranamente alla posizione 11. Ma il mio dito non ha premuto sul tasto Forward, E questo dettaglio indica già la qualità delle canzoni che la precedono.
Le canzoni, mai violente nonostante la foga di questi arzilli vecchietti (se ne leggono davvero di tutti i colori: un Vasco o uno Zucchero può pubblicare la più grande cagata musicale che è una pietra miliare della musica, se invece dei musicisti escono dal seminato per tornare alle origini è perché sono bolliti), sono le classiche chitarra-chitarra-basso-batteria e, nonostante la classicità dell’intero lavoro, non scadono mai nel déjà-vu o nello scontato. Una bella sorpresa.
Da segnalare, oltre al singolo già citato (che, tra l’altro, ha un video rivoltante – sia per la loro presenza, sia per la scontatezza – che ho scaricato da internet dopo l’acquisto), l’ingresso e il proseguimento di Sucker train blues, la voce suadente di Scott Weiland in Do it for the kids, Big machine, l’unica dall’idea di già sentito Illegal i song, Superhuman e le ballatone Fall to pieces e You got no right. Non pensiate che le altre siano riempitivi…
Tracklist:
01. Sucker train blues
02. Do it for the kids
03. Big machine
04. Illegal i song
05. Spectacle
06. Fall to pieces
07. Headspace
08. Superhuman
09. Set me free
10. You got no right
11. Slither
12. Dirty little thing
13. Loving the alien
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buttato dentro il 31 Maggio 2004 |
alle ore 13:23 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, recensioni |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, centro anita, metal, musica, re di maggio, right in sight, rock, urla |
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La serata inizia male: età media inferiore ai 12 anni. E considerando che siamo almeno in 10 ultraventeni la cosa è tragica.
Come tutte le cose iniziate male poi, per fortuna, finiscono bene.
O forse non tutte.
Insomma, a me in questo periodo succede così: le cose iniziano malissimo e finiscono bene.
Il classico lieto fine.
Anche in un concerto metal. Continua…
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buttato dentro il 29 Marzo 2004 |
alle ore 20:17 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica, recensioni |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio alghero, aosta, barbari, bignami, centro anita, chichimeca, musica, saint-christophe, sardegna |
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Sabato sera, come ogni sabato sera, ho sentito il solito concerto del solito Centro Anita di Aosta, come al solito insieme ad un molto ristretto gruppo di “eletti” (che alla fine sono sempre i soliti, per giunta).
Suonavano i Chichimeca, che ho appreso poi essere sardi (potevano benissimo essere di Saint-Christophe, poi hanno cantato in catalano come ad Alghero, o almeno così ci hanno fatto credere).
Inizio Recensione Bignami
Un rock (se si può definire tale) ricercato, una fisarmonica che stonava un po’ nel contesto chitarresco, degli ottimi testi a tratti banali (un banale da patatine e vino, non da sole-amore, quindi ci potevano anche stare).
I cinque erano ben assortiti, con una voce femminile fuori dai canoni e molto “vascheggiante” nella presenza scenica che rendeva al meglio sui brani autoprodotti, un ottimo chitarrista, un buon bassista, un polistrumentista che si alternava tra chitarra classica e la già criticata fisarmonica e un batterista a tratti bonghista.
Alternando testi italiani molto curati e testi spagnoli rivoluzionari (potrei dire di più conoscendo lo spagnolo) e il già citato testo catalano, hanno presentato il loro lavoro Barbari (Chichimeca significa barbari in non so più quale lingua sudamericana) che merita veramente di essere ascoltato.
Fine Recensione Bignami
Inoltre hanno contribuito ancor più ad infittire il mio rapporto misterioso con la Sardegna e il suo mix di culture, lingue e tradizioni. Vivrò bene lo stesso, comunque.
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buttato dentro il 4 Marzo 2004 |
alle ore 20:54 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, recensioni, stra-cult |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio 1997, afterhours, dio, dj, festival di sanremo, hit, italia, manuel agnelli, mescal, musica, nizza monferrato, tora tora |
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«Chi parla male della musica italiana è ignorante».
In una sola frase si esprime bene un concetto che richiederebbe pagine e pagine di spiegazione. No, non mi dilungherò. Semplicemente è la verità, perché chi giudica la musica italiana guarda al Festival di Sanremo o alle hit dance di Dj osceni. Insomma, solo la scorza di un movimento vivo ma poco conosciuto.
Gli Afterhours, gruppo alternativo (che brutta parola, e cosa sarebbe non alternativo? tutto è alternativo a qualcos’altro… bah!) capeggiati da un genio che qualcuno ha voluto far nascere in Italia e non in paradisi musicali ben più sopravvalutati.
Forse gli Afterhours sono davvero alternativi, anche se non si sa bene a cosa. O perlomeno capeggiano, con la figura ormai mistica di Manuel Agnelli, un ambiente musicale di nicchia per le masse come il Tora Tora e “annessa” casa discografica Mescal di Nizza Monferrato (in realtà è il contrario, ma nella nostra narrazione cambia poco).
Il disco è allo stesso tempo semplice e complesso, velenoso e aulico. È realmente alternativo anche al suo interno, con sbalzi da brani tirati a canzoni calderone contenenti dialoghi e rumori.
C’è molto Dio, in questo disco, con i vari nomi con cui è conosciuto e con cui spesso scandisce i discorsi di chi con Dio ha uno strano rapporto. Continua…
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