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buttato dentro il 2 Agosto 2009 |
alle ore 20:31 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio beatles, revolver |
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Ascoltare con una cassa sola Revolver in stereo.
PS: meglio due volte, una per cassa
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buttato dentro il 21 Aprile 2008 |
alle ore 17:09 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, musica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, beatles, mostra |
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La bella mostra che due mesi fa non mi convinceva appieno sta per chiudere.
Se potete, fateci un salto.
Nell’immagine ©AM, il quinto Beatle materano
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buttato dentro il 20 Febbraio 2008 |
alle ore 15:53 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, love, musica, stra-cult |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, beatles, mostra, museo archeologico regionale, musica, rock, saint-benin |
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Duemila dischi, centoventi magliette, quattro casacche originali, quattrocento novantaquattro memorabilia, decine di autografi, quaranta locandine di film. I numeri sono puramente inventati, ma danno l’ordine di grandezza dell’evento. Una mostra con doppia sede espositiva farà impallidire Liverpool nel confronto con Aosta, che per cinque mesi ospiterà a corollario una serie di iniziative musicali, cinematografiche e popolari sui Beatles.
Il più grande gruppo pop-rock della storia ha invaso la città: il museo archeologico percorre tutta la carriera dei quattro (soltano come quartetto e non come solisti) in una ventina di spazi, articolati in maniera varia; il centro Saint-Bénin ospita invece l’angolo cinematografico, con un omaggio ai (brutti) film dei baronetti.
Tutto molto bello, ma anche dopo due mesi, non mi convince… Ummh… Eppure i Beatles li amo, più di ogni altro gruppo. Forse però sono una cosa intima, indipendente dalla grandezza e dal numero di gadget esposti in un museo.
Nell’immagine ©AM, un’installazione di capelli beatlesiani
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buttato dentro il 30 Dicembre 2004 |
alle ore 21:40 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie cultura, giornalismo, musica, recensioni, sport |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio alan clayson, beatles, beppe conti, brian epstein, ciclismo, fab four, gianfranco josti, john lennon, madonna di campiglio, manuela ronchi, marco pantani, marco travaglio, media, musica, peter gomez, pop, regime, rock, silvio berlusconi, the beatles box |
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Mes amis mi hanno regalato per Natale (uno dei pochi regali ricevuti, meglio così) “The Beatles Box“, raccolta di quattro biografie dei Beatles di Alan Clayson, una per ognuno. Dopo una prima lettura di quella di John, un primissimo commento, che molti di voi troverete noioso: senza Brian Epstein i fab sarebbero stati molto meglio ma non li avrebbe conosciuti nessuno. A causa di questo manager puntiglioso, i fab hanno esordito senza essere i ribelli che erano in precedenza, con un batterista che successivamente avrebbe fatto notare i propri limiti (o la sua grandezza?), con un look che li ha resi cool e pop.
In precedenza ho finito di leggere le biografie di “Marco Pantani, Un uomo in fuga” della sua (ex) manager Manuela Ronchi e del giornalista Gianfranco Josti, e “Marco Pantani” di Beppe Conti. Il primo, più personale e meno giornalistico, almeno nella seconda parte, svela la verità (o meglio, una delle verità) sugli ultimi anni di vita del Campione, da Campiglio in poi. La carenza descrittiva della prima parte è colmata dalla seconda biografia, maggiormente giornalistica e curata, che però come rovescio della medaglia ha una velata ipocrisia nel racconto dell’ultima parte e non può avere certo la cura del dettaglio della prima.
Infine, ho iniziato la lettura di “Regime” di Marco Travaglio e Peter Gomez. Tutt’altra lettura rispetto agli altri due libri, presenta una concezione che, con il livello dei media di questo periodo, risulta quantomeno strana.
Ah, il regime di cui si parla è quello attuale italiano, causato dalla concentrazione dei 4 poteri in una persona sola, l’Altissimo. E, seppur con una visione che sarebbe stigmatizzata e censurata dal regime se solo non fosse un libro, descrive pennellate di un’agghiacciante realtà dei nostri tempi.
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buttato dentro il 19 Aprile 2004 |
alle ore 20:09 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, stra-cult |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio basso, batteria, beatles, chitarra, gran bretagna, italia, jim morrison, john entwistle, keith moon, mod, musica, pete townshend, pink floyd, ringo starr, rock, roger daltrey, rolling stones, the who, tommy, velvet underground, who's next |
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Gli Who purtroppo sono, tra i grandissimi gruppi del magico periodo dei ’60, i meno idolatrati.
Per Beatles e Stones si sono spese (forse a ragione) tonnellate di inchiostro, i Doors sono idolatrati almeno nella persona del leader Jim Morrison, i Pink Floyd sono inneggiati da migliaia di giovani ancora oggi come stra-mega-innovativi e padri del rock più colto, i Velvet Underground vengono riscoperti sempre da più persone come la prima generazione di un rock più deciso; ma per gli Who, che io reputo i migliori sia tecnicamente sia come repertorio e originalità, almeno in Italia (in UK la cosa è parzialmente diversa) non si ha un riscontro nell’attuale generazione, se non tra gli ascoltatori più attenti e tra i migliori conoscitori della musica di qualità… Continua…
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buttato dentro il 24 Febbraio 2004 |
alle ore 22:49 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie musica, turismo |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio 1980, 8 dicembre, beatles, hippie, john lennon, leggenda metropolitana, mala strana, moldava, murales, muro, new york, praga, vladimir lenin, writer |
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Come un muro possa essere affascinante è alquanto inspiegabile. Uno squallido muro, come tanti, che i giovani praghesi hanno trasformato in un tempio dell’occidentalità all’aria aperta. Può essere definito a ragione il più famoso murales del mondo, anche se nella realtà non esiste.
Infatti la sua fama lo porta ad una sorta di autodistruzione. Rovinato e firmato a più mani, deve essere ciclicamente ridisegnato, e ogni volta gli “artisti” di strada lo fanno in modo differente.
Situato a Malá Strana (Quartiere Piccolo) di fronte all’ambasciata francese e a due passi dalla Moldava, è apparso in una notte del 1980 dopo l’assassinio di Lennon a New York City.
La scritta che appariva originariamente sotto il faccione di John (“Voi avete Lenin, lasciateci il nostro Lennon“) ha alimentato la leggenda metropolitana secondo cui il dipinto fosse opera dei giovani hippies, guardati con sospetto dalla polizia socialista.
In realtà l’opera dovrebe essere di un giovane messicano, ma il mistero che accompagna queste opere clandestine è sempre fitto e intrigante.
Purtroppo il muro, per la sua “sacralità”, è divenuto il banco di prova per giovani writers provenienti da tutto il mondo e attratti dal fascino di questo angolo, di una città già molto affascinante senza la necessità di nuove attrattive moderne. Ne esce un delirio di scritte e graffiti che rovinano l’originale, ma che fanno sì che l’opera sia in continua evoluzione, grazie all’apporto ogni volta di persone diverse, provenienti da chissà quale angolo del pianeta.
Ogni anno, l’8 dicembre, nell’anniversario della morte dell’ex Beatles, fans di ogni età e di ogni provenienza si ritrovano davanti a questo “santuario” per commemorare il loro idolo a lume di innumerevoli candeline.
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