La mia città
| buttato dentro il 24 Febbraio 2004 | alle ore 17:08 | da Alessandro Mano | nelle categorie aosta, musica | parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio aosta, arezzo wave, centro anita, citta, correggio, luciano ligabue, musica, ska, strivol, valle d'aosta | se hai qualcosa da dire scrivilo qui » |La mia piccola e vecchia città…
Piccola città eterna, direbbe il vecchio Luciano da Correggio.
Piccola città di merda invece è quello che si sente dire da stuoli di ragazzini spocchiosi che il sabato sera escono di casa credendosi padroni del mondo ma padroni, per citare ancora Ligabue, di un posto che tanto di giorno non c’è.
Forse ho già superato l’età in cui ci si lamenta di tutto credendo più verde l’erba del vicino, o forse mi sono sempre saputo accontentare al meglio di ciò che mi propinava la Vallée. Sta di fatto che non mi sarei schiodato da qui nemmeno a cannonate, e sentire certi commenti mi ha sempre lasciato perplesso.
Certo, una cittadina come Aosta, con 30.000 abitanti 30.000, non fornisce le alternative di svago che offrono città più grandi e meno provinciali (soprattutto come mentalità), ma è da veri idioti lamentarsi invece di godersi quel poco che c’è.
Le alternative sono poche: pochi locali, pochi luoghi di ritrovo per giovani, e dopo un po’ la stessa minestra stanca. Ma anche se venisse proposta la più grande iniziativa del mondo, la riposta sarebbe piatta o quasi nulla, data l’abitudine ad accantonare tutto perché è il solito brodo riscaldato.
Sabato sera, ho assisitito al Centro Anita, con i miei fidi amici che apprezzano il rock, ad un concerto dei milanesi Strivol, giovane band ska (che non è assolutamente il mio genere e che anzi poco tollero): il pubblico era formato da pochi elementi (si contavano 50 persone, forse vedendoci doppio…), pochi si muovevano seguendo i suoni che i 6 o 7 elementi diffondevano. La neve, caduta abbondante in pomeriggio, e soprattutto la routine (all’Anita c’erano state le selezioni regionali per Arezzo Wave con 4 sabati di pienone) avevano tenuto tutti lontani dal concerto se non addirittura a casa.
Quindi si penserebbe subito ad un fiasco: invece no. La band, che interagiva molto con il pubblico (e con un elemento fra tutti, una persona “particolare” e quasi folkloristica) si è divertita a suonare per un pubblico vivo e che reagiva ai loro stimoli.
Si sono stupiti di questo fatto, che dicono peculiare delle piccole città («a Milano non avrebbe ballato né tantomeno applaudito nessuno»).
Possibile? Passare più tempo a lamentarsi ed ad invidiare le altre realtà piuttosto che costruire effettivamente qualcosa? Era sufficiente la presenza. Ma da queste parti si è già talmente prevenuti per l’insuccesso di una serata che non ci si sforza nemmeno di uscire di casa.
Questa è la mia città. Scusate se la amo, scusate se spesso non capisco chi la abita.
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