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Due linee di metropolitana ad Aosta, una in direzione sud-nord e una tra est e ovest. L’interramento della linea ferroviaria e della stazione, per unire finalmente la parte nord della città a quella sud, industriale. L’abbattimento dei costi della politica, il rilancio del Casinò e il taglio dei consigli di amministrazione delle aziende a partecipazione pubblica.
Ho come l’idea che Rollandin, nuovo presidente della Regione, abbia preso la Vodafone Summer Card “per fare tutti i bla-bla che vuoi con solo 5 euro“.
PS: sarebbero tutti progetti ottimi, sicuramente migliori rispetto alle telecabine urbane e allo sdoppiamento della stazione ferroviaria per tagliarla nel mezzo. Ma tra il dire e il fare…..
Lorella Vezza e altri tre esponenti di Renouveau Valdôtain hanno abbandonato il movimento, in piena contestazione con il nuovo gruppo dirigente. Fino a ieri la Vezza era la coordinatrice, e dettava le linee da seguire per tutti. Appena cambia il coordinatore, di un partitino appena nato, scappa la redazione del giornale di partito e buona parte dell’ex vertice.
Ora, se si fonda insieme un partito, un motivo ci sarà: convenienze, amicizie, ideali, coraggio, voglia di mettersi in discussione. Come può la motivazione durare per nemmeno un anno? Come si può pretendere che l’alleanza che si candida a governare la Valle d’Aosta per i prossimi cinque anni sia basata su un movimento come questo, dove un giorno si parte, tutti assieme, e dieci giorni dopo ognuno è già per la propria strada? Con quali credenziali si potrà rivolgere agli alleati, che già di per sé di problemi ne hanno a sufficienza?
Mettendo insieme un Partito democratico spezzato in due (area filo-sinistra e area filo-Union Valdôtaine), un Renouveau spezzato in due (area filo-sinistra e area filo-Union Valdôtaine?), una Vallée d’Aoste Vive che pesa come il due di picche e una sinistra radicale che propone centinaia di posizioni diverse (da Di Pietro, addirittura lui, a Rifondazione, dai Verdi alla sinistra critica) si vuole creare una vera alternativa al potere, logoro e inefficiente, che c’è ora.
Interessante, ma chi ci crede?
«L’Amministrazione regionale ha operato per l’arricchimento ed il foraggiamento di pochi, attraverso aiuti pubblici che non hanno creato, come aggravante, né sviluppo né occupazione».
«Non possiamo più continuare a foraggiare e arricchire le solite cinquanta famiglie. E’ giunto il tempo di finanziare chi crea sviluppo e occupazione».
Una frase è stata detta da un assessore regionale, l’altra da uno dei principali partiti all’opposizione. Per chi indovina, in palio il premio speciale “La politica valdostana non è più un laboratorio come in passato“…
Per le Istituzioni, una soddisfazione. E hanno ben donde di pensarlo, se istituire una festa “istituzionale” e al tempo stesso populista era il loro obiettivo.
Per i media locali, un successo. Ma loro non fanno testo, da anni devono dire ciò che le Istituzioni vogliono. Non possono dire che metà platea era vuota e buona parte della popolazione non sapeva nemmeno che la festa esistesse…
La gente, appunto: il popolo, la Nazione valdostana, tanto invocata dal Presidente Caveri, non ha sentito la festa. Certo si potrà sostenere che un’iniziativa alla prima edizione patisce sempre problemi di carburazione. Purtroppo però il problema di fondo è un altro. Una festa è per definizione un giorno diverso, un giorno speciale. E dopo un’estate di bagordi, sagre culinarie e feste di paese sparse su tutto il territorio e con un copione sempre uguale, nessuno ha avuto voglia di andare a vedere per l’ennesima volta il gruppo folkloristico locale, non ha sentito la necessità di mangiare e bere le specialità locali, non ha voluto festeggiare una volta ancora, perdipiù qualcosa che non sente proprio.
Se la festa era necessaria (e qui avrei serissimi dubbi…), la si poteva e la si doveva pensare in modo diverso. È inutile riempirsi la bocca con la parola “turismo” se poi ai turisti, che nessuno ha visto, si offrono sempre le medesime attrattive. È deleterio pensare che i valdostani vogliano sempre “riempirsi il muso” e che un ennesimo “palchetto” con annesso raduno di coscritti sia un’attrattiva di cui andare fieri. È ipocrita lamentarsi un giorno della mancanza di fondi e poi sperperarli in iniziative anacronistiche. Continua…
Da qualche settimana, in un orario infelice dettato dalle esigenze nazionali di palinsesto, va in onda su Raitre, la domenica mattina attorno alle 10, “Prima di RaiVdA”, una serie di documenti e documentari che testimoniano com’era la Valle d’Aosta prima che esistesse la sede regionale della TV di Stato. Interessanti interviste a bacan tutti d’un pezzo, progetti mastodontici di sviluppo turistico ed economico, sindacalisti e politici idolatranti la “dzenta valaje”. Cos’è cambiato? Ben poco o forse nulla: le idee stantìe sono sempre le stesse, non hanno dato frutti ma vengono riproposte oggi allo stesso modo. E anzi, a volte vengono fatte passare come novità tecnologiche raffinate.
I. Le industrie della bassa Valle in crisi. In uno stabilimento, alla fine degli anni ’60, per ovviare a problemi finanziari dei “padroni”, gli operai mettono su una “società comunista” in cui il CdA è formato dagli operai tutti. Poco dissimile dall’attuale situazione di crisi profonda di Tecdis, Olivetti IJet, Feletti, ecc… La soluzione che si trova? Soldi dalla Regione, che è ben contenta di darne per evitare che si perdano posti di lavoro.
II. La montagna spopolata. L’allora direttore di non-so-quale-organismo-quasi-pubblico Ilario Lanivi, futuro presidente della Giunta, è felice di presentare il contributo pubblico, a fondo perso, di 30.000 lire annue per capo bovino. Ho come il sentore che il contributo attualmente non sia più di 30.000 lire. Sta di fatto che a questo si sono aggiunti negli anni i contributi per il verde agricolo, per i tetti in lose, per l’agricoltura di qualità, per i consorzi fondiari, per i consorzi lattiero-caseari e via discorrendo. Insomma, la soluzione sono i soldi dalla Regione. Che però hanno solo protratto nel tempo un problema che, evidentemente, andava risolto in altro modo. Continua…
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