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buttato dentro il 12 Dicembre 2007 |
alle ore 14:55 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie economia, giornalismo, notizia del giorno |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio beppe grillo, europa, governo, italia, metropolitana, rotaia, sciopero, taxi, tir, trasporto pubblico |
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Due giorni di sciopero dei Tir bastano per mettere in ginocchio l’Italia.
«Tutti precettati», tuona il Governo.
«Precetta tua sorella», rispondono i camionisti.
Il vero problema che questo sciopero ha sollevato, ma nessuno pare essersene accorto, è che dipendiamo in tutto e per tutto da una categoria. Senza i taxisti, si vive. Senza metropolitane e bus, si vive. Senza medici, visto che sono persone responsabili, si vive. Senza treni, si vive meglio. Sembra una cosa ovvia, ma nessuno l’ha ancora affrontata. Nè quel suonato di Beppe Grillo, che ha di meglio da fare per farsi soldi, né ministri, né giornalisti.
Senza Tir non si vive, tutto va a gambe all’aria, e non ci sono soluzioni alternative che tengano. Il “just-in-time” professato dall’economia occidentale è KO in Italia, Paese dipendente dal trasporto su gomma e senza una sola alternativa che sia valida: l’assenza di magazzino ha svuotato il poche ore benzinai e supermercati. Il trasporto su rotaia non esiste, ma nessuno pensa di incentivarlo: meglio la gomma, certo. Ma se un giorno i camionisti si svegliano col piede sbagliato, restiamo tutti a piedi e “senza” cibo.
Non sarebbe ora, invece di cercare semplicemente di metterci una pezza, di ripensare il sistema di trasporto e consegna perlomeno dei beni di prima necessità? Non si tratta di tagliare fuori una categoria, ma di sfilarle lentamente di mano il coltello, che ha saldamente dalla parte del manico.
Anziché fermarsi al problema attuale (“facciamo ripartire i Tir al più presto”), pensiamo al futuro (“come faremmo senza Tir”): e se un giorno a scioperare non saranno i Tir, ma il petrolio?
Nell’immagine, la festa del camionista, il cui motto recita “un partner insostituibile per l’economia del paese”.
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buttato dentro il 19 Novembre 2005 |
alle ore 10:06 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, politica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio chivasso, frejus, lione, milano, nimby, tav, tir, torino, trasporto pubblico, val di susa, valle d'aosta |
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Sono tutti contro la TAV. O meglio, sono tutti contro la TAV a casa propria. È una di quelle opere che tutti vogliono, ma nessuno a casa propria. Come la discarica unica per le scorie nucleari, come la discarica comunale, come le birrerie o i depuratori. NIMBY in economia, acronimo di Not In My Backyard.
Un’opera che permetterebbe, con dei divieti o delle limitazioni saggi e lungimiranti, di liberare le strade dai TIR e le valli dai gas di scarico. Ma che nessuno vuole, né in Val di Susa, né altrove. Continua…
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buttato dentro il 16 Aprile 2005 |
alle ore 11:20 |
da Alessandro Mano |
nelle categorie aosta, giornalismo, politica |
parlando di gioiosi argomenti quali ad esempio albergo, editto bulgaro, europa, europarlamento, fabio fazio, istat, italia, lilli gruber, media, michele santoro, nichi vendola, regime, roberto mancini, sciuscia, sofia, tir, union valdotaine, uniti per aosta, università, wojciech jaruzelski |
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Ho assistito ieri sera ad Aosta, in uno squallidissimo albergo chiuso per anni e in fase di riapertura, ad un dibattito al quale ha partecipato Michele Santoro. Invitato da Roberto Mancini e da una lista che parteciperà alle prossime elezioni comunali, Uniti per Aosta. Tema la libertà, Santoro ha spaziato dall’Europarlamento, alla crisi del berlusconismo, al successo di Vendola, ai suoi Sciuscià, per arrivare, da profano, ai problemi valdostani.
Ha parlato di regime, ridimensionando l’orwelliana prosopopea (ho imparato questa parola ieri sera da Mancini) fatta da alcuni uomini di sinistra. Il regime esiste, ma è mediatico. L’appiattimento generale dei contenuti e le epurazioni bulgare del nostro giovane premier da Sofia minano il libero arbitrio e la libertà di scelta portando ad un pensiero unico su 6 reti (o 7). Non c’è più contrapposizione, non c’è più libertà tanto che l’ottimo Fazio sembra compiere azioni eroiche quando invita Lilli Gruber (o, aggiungo io, Jaruselski) alla propria trasmissione. Non c’è più intelligenza, altro che ricerca. E il nostro Paese è fermo, immobile. Perde vitalità e si riempie le narici di robaccia.
Un parallelo che può essere attuato anche a livello locale: monopolio dell’informazione, assoluto delirio dello spirito critico, sopito sotto strati e strati di “va bene così” e di persone che, in fondo, “l’é tan brao”…
Aosta è città turistica solo per l’ISTAT. Non c’è la formula magica, dice Mancini. Ma qualcosa bisognerà pur fare. L’Università non è libera, caso unico in Italia (e, aggiungo io, in Europa). Il centro cittadino è invaso da più camion dell’autostrada. Nessuno però ha la voglia di drizzare la schiena (ormai quasi tutti l’hanno piegata, non come Santoro), alzarsi e alzare la voce.
Santoro conclude replicando all’immancabile domanda “tornerà in tivì?”. Lo fa citando una celeberrima puntata di Sciuscià – Emergenza guerra in cui l’hanno fatta da padrone i punti interrogativi. Il suo obiettivo era rivoluzionare il modo di fare politica e attualità in televisione, quando non era ancora sintonizzata a reti unificate sulla demenza. E lascia il pubblico valdostano con un altro punto interrogativo. L’Union Valdotaine è imbattibile, punto interrogativo?
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